Rebus del Regolamento UE sulle revisioni. Urge subito la “non applicazione” in Italia

22 giu 2020
Il D.L. 17 marzo 2020 n.18 (cd. “Cura Italia”), convertito poi in Legge 24 Aprile 2020 n.27 ha come sappiamo autorizzato lo slittamento delle tempistiche normative ordinarie sulla revisione veicoli, ovvero le scadenze delle revisioni di Marzo (e antecedenti), Aprile, Maggio, Giugno e Luglio sono state di fatto posticipate ad Ottobre.
Dopo l’uscita del Decreto, DEKRA aveva lanciato l’allarme – ripreso dai principali media generalisti e di settore sul possibile collasso del mercato già provato dal lockdown e, soprattutto, sui gravi rischi che la situazione poteva ingenerare sulla sicurezza delle strade italiane, con quasi 6,7 milioni di veicoli in circolazione con la revisione scaduta.
La proposta DEKRA per correggere questa “distorsione” non ha trovato terreno fertile, al pari di tutti gli emendamenti proposti, nel testo finale della legge per il ricorso alla fiducia.

Cosa prevede la nuova normazione comunitaria

A peggiorare una situazione già difficile, è stato di recente emanato il nuovo Regolamento Europeo 2020/698 del 25 Maggio 2020: passata un po’ “sotto traccia”, la normazione comunitaria nel suo contenuto proroga di 7 mesi i termini relativi alle revisioni che avrebbero altrimenti dovuto essere effettuate o che dovrebbero essere effettuate nel periodo compreso tra il 1 Febbraio 2020 e il 31 Agosto 2020.
Dall’eventuale applicazione nazionale del Regolamento gli effetti immediati sarebbero i seguenti:
  • Difficile comprensione e comunicabilità a tutti i soggetti interessati, dovuta alla sovrapposizione delle due legislazioni
  • Ulteriore aggravio dei rischi in termini di sicurezza stradale
  • Ennesimo scossone alla sostenibilità economica dei Centri di revisione
Veniamo al primo punto, una sorta di rebus che gli esperti di DEKRA hanno tentato di riassumere nella
Come si evince facilmente l’informazione nei confronti di automobilisti, officine e FF.PP. italiane ed estere non è per niente semplice e immediata.
Analizziamo il secondo punto. In conseguenza dell’applicazione eventuale del Regolamento UE, DEKRA ha calcolato dopo Ottobre ci saranno ancora in circolazione oltre 4.200.000 veicoli con la revisione scaduta e alcuni di questi potrebbero circolare addirittura fino a Marzo 2021. Questo effetto esponenziale porterebbe, secondo le stime di DEKRA a “defcon 1” il livello rischio per la sicurezza alla circolazione, considerando che nel parco circolante interessato oltre 1.260.000 veicoli hanno 17 o più anni di servizio e oltre 255.000 Km all’attivo.
Veniamo infine al conto economico delle attività di revisione. Il lockdown di Marzo e Aprile ha fatto perdere a Centri ed Officine circa 1.700.000 revisioni traducibili con una perdita del comparto di circa 80 milioni di euro, solo in parte ammorbiditi dalle sovvenzioni e aiuti economici contenuti nel Decreto Cura Italia.
Con l’applicazione del Regolamento UE in Italia, DEKRA stima che la riduzione delle revisioni correlata alla manovra sarà pari a circa 2.370.000 vetture con una perdita complessiva che salirebbe a circa 107 milioni euro, mettendo in grave difficoltà tante piccole e medie imprese italiane. Se arriveranno ulteriori incentivi a supporto del settore ad oggi non è dato saperlo.

L’Italia è obbligata ad applicare il Regolamento Europeo?

La risposta è NO. DEKRA propone infatti di sfruttare la possibilità, lasciata agli Stati Membri, di “non applicazione”, come previsto nel Regolamento stesso all’art.5 comma 5 (di seguito riportato).
Qualora uno Stato membro non abbia dovuto, o non debba presumibilmente, affrontare difficoltà che rendano l’effettuazione di controlli tecnici o il rilascio della relativa certificazione impraticabile nel periodo compreso tra il 1° febbraio 2020 e il 31 agosto 2020 a seguito delle circostanze straordinarie causate dall’epidemia di Covid-19, o abbia adottato misure nazionali adeguate per attenuare tali difficoltà, tale Stato membro può decidere di non applicare i paragrafi 1 e 2, previa comunicazione alla Commissione. La Commissione ne informa gli altri Stati membri e pubblica un avviso nella Gazzetta ufficiale dell’Unione europea.
Ad oggi quasi la totalità dei Paesi europei (24 tra cui Francia, Germania, Spagna, Regno Unito, Paesi Bassi, Polonia), come riportato nella circolare del Ministero degli Interni del 10 Giugno, hanno già esercitato il diritto previsto e respinto il Regolamento. Tra i Paesi più coinvolti, quanto ad ampiezza del parco circolante, è rimasta fuori solo l’Italia, tra l’altro unico Paese che aveva già realizzato un importante meccanismo di posticipo che, di fatto, rendeva poco rilevante questo secondo intervento legislativo.
Anche l’Italia deve dire “NO”!